Sviluppo del movimento e organizzazione delle Chiese metodiste

johnStraordinario fu il genio organizzativo di John, certamente una delle chiavi del successo del metodismo: John suddivise le “società” in piccoli gruppi (classi) di preghiera, studio della Parola e attività di soccorso, ciascuno affidato alla cura di un conduttore, uomo o donna, poi tutti riuniti nel culto e nella celebrazione della Santa Cena. Creò una rete di collegamento fra tutte queste realtà configurandola in circuiti; l’unità (connexion) venne assicurata da un organo democratico centrale, la Conferenza.

I Wesley furono affiancati da credenti di specchiata condotta come predicatori laici, uomini e donne: un’istituzione che ad oggi è uno dei vanti del metodismo.

La prima cappella metodista si aprì a Kingswood, fra i minatori. Intorno al 1760 due predicatori laici irlandesi, Thomas Coke e Francis Asbury portarono la predicazione metodista nel Nuovo Mondo. Pochi anni dopo prenderà avvio la storia della Chiesa Metodista Episcopale, la cui eredità è confluita nella odierna United Methodist Church.

poemsAllo sviluppo del metodismo in ogni parte del mondo contribuì anche il canto, grazie al talento poetico di Charles, che tradusse tutti gli aspetti della fede cristiana nelle tipiche accentuazioni metodiste in un’innologia di oltre 9.000 testi, cantati secondo uno stile nuovo: oltre il classico corale protestante e l’antica salmodia anglicana, utilizzò melodie vitali e ricche di pathos, adatte alla sola voce umana; l’armonizzazione seguì nell’Ottocento, mantenendo il carattere duttile delle melodie, capace di contaminarsi con altre culture e così offrendo inni per tutti i tempi e per tutti coloro che aspirano a un mondo rinnovato. Un esempio odierno lo abbiamo nell’inno “We shall overcome”, il cui nucleo originario fu composto da un pastore metodista afro-americano. Si deve ad un missionario metodista anche l’inno Nkosi Sikelel’ iAfrika, adottato dal Sudafrica post apartheid di Nelson Mandela, pure educato in ambiente metodista.